Dean Karnazes, ultramaratoneta statunitense, ha detto “Correre mi ha insegnato che perseguire una passione è più importante della passione stessa”.
Quando si chiede a un atleta cosa lo spinge ad allenarsi per ore, a svegliarsi alle ore più improbabili per riuscire a incastrare il tempo di fare sport con il lavoro e la vita quotidiana, probabilmente risponderà che ama fare quello che fa, ama la sensazione di sfidare i propri limiti, di mettere alla prova il proprio corpo e raggiungere i propri obiettivi.
Il termine passione è riconducibile sia al latino “Pati” che indica sofferenza, dolore, sia al greco “Pathos” che indica una forte carica emotiva che coinvolge l’uomo a livello psichico e fisico. Come è possibile unire questi due concetti così diversi tra loro? In psicoanalisi Freud indica questo concetto con la parola Pulsione: una componente psichica interna che agisce come una forza costante a cui la persona non si può sottrarre. È composta da una fonte, lo stato di eccitamento del corpo, dalla meta, cioè il soddisfacimento della pulsione, e dall’oggetto, ciò mediante cui la pulsione può raggiungere la meta. È rappresentata come un’energia che preme verso una determinata direzione, che pulsa per essere soddisfatta.
Passione è desiderio ardente, sentimento impetuoso a cui la razionalità non può sottrarsi e che nel coltivare e amare il proprio sport trova grande gratificazione.
Articolo della Dott.ssa Miriam Rossi, Psicologa – Psicoterapeuta
Triathlon e psicologia: leggi i precedenti articoli:
Triatleta: l’importanza di essere parte di una squadra in uno sport individuale