Le emozioni nel triathlon: una risorsa o uno svantaggio?

Uno sportivo impara a conoscere le proprie emozioni in campo gara, in allenamento, dopo una vittoria o una sconfitta. Come suggerito da Hanin e Syrja (1995), i processi emozionali possono seguire, regolare e sostenere l’azione sportiva, ma anche disturbarla e persino bloccarla.

Le emozioni nello sport

Per questo è molto importante che l’atleta riconosca le proprie emozioni e le viva nel modo più funzionale possibile. Le emozioni primarie sono: sorpresa, rabbia, interesse, felicità, tristezza, paura, disgusto.

Nella psicologia dello sport quelle che sono state oggetti di maggiori studi sono la rabbia e l’ansia.

La rabbia può avere un effetto positivo nel momento in cui spinge l’atleta a dare massima energia al gesto atletico, ad esempio, nell’attacco; tuttavia un’espressione troppo forte di rabbia può portare a deconcentrarsi e ad affrontare la gara in modo poco produttivo.

Zona individuale di funzionamento ottimale

Hanin (1980,2000) ha formulato la teoria della “Zona individuale di funzionamento ottimale” secondo la quale ogni atleta ha il suo livello di ansia ottimale, la sua zona, in cui riesce a realizzare prestazioni ottimali. Finché l’atleta rimane nella sua zona ottimale sarà capace di anticipare la percezione del pericolo, attuare la strategia più adeguata a fronte degli stimoli che riceve; oltre tale zona non sarà in grado di rispondere in modo funzionale.

Diventa importante attuare programmi specifici di allenamento mentale, per sostenere l’atleta nel conoscere le proprie emozioni e gestirle; al fine di avere una mente lucida e determinata verso il proprio obiettivo.

Modello Hanin ”
“Zona individuale di funzionamento ottimale”

Articolo della Dott.ssa Miriam Rossi, Psicologa – Psicoterapeuta

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Triatleta: l’importanza di essere parte di una squadra in uno sport individuale

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